Studio delle emozioni e ricaduta sul Business
Josef Nierling, Managing Director di Porsche Consulting nel suo speech al World Business Forum sul perché abbia senso parlare ancora di Emotional Intelligence in un’ epoca di Artificial Intelligence ha ribadito quanto sia importante “affinare le nostre capacità di gestire, influenzare, relazionarci con gli altri: la persona lo può fare meglio di qualunque smart tecnology.”
La domanda, dunque, è: l’Intelligenza Emotiva può davvero aiutarci a sostenere e ad adattarci a questi cambiamenti rivoluzionari?
Le neuroscienze oggi sono in grado di abbattere ogni tipo di scetticismo riguardo l’Intelligenza Emotiva e possono dimostrare ciò che, in fondo, sappiamo da sempre e cioè che l’Intelligenza Emotiva, come insieme di tutte quelle capacità che ci permettono di gestire noi stessi e gli altri e di muoverci in qualunque contesto sociale, è parte integrante del nostro patrimonio genetico e che, grazie ad essa, la nostra Specie ha potuto adattarsi e sopravvivere. Quindi un’importanza fondamentale (primaria, direi!) ce l’ha sempre avuta, semplicemente nessuno aveva dato un nome a questo insieme di capacità.
Ora, non solo la sua esistenza, ma anche la sua cruciale rilevanza sono indiscutibilmente provate dalla scienza.
Oggi più che mai, in uno scenario di cambiamenti esponenziali dal punto di vista tecnologico, sviluppare la nostra Intelligenza Emotiva diventa un’esigenza e, fortunatamente, implementare questa competenza è possibile, infatti l’Intelligenza Emotiva si può allenare.
Come abbiamo detto, in parte essa fa parte del nostro patrimonio di esseri umani, è stata scoperta infatti la presenza di due geni che sono coinvolti nello sviluppo della nostra Intelligenza Emotiva: il 5-HTT, responsabile del trasporto della serotonina e il COMT , responsabile dei processi di degradazione della dopamina.
Entrambi i geni sono composti da due alleli (uno ereditato dalla madre e uno dal padre), gli alleli possono essere di una variante corta oppure lunga: quelli della variante corta sono più suscettibili allo stress, quelli della variante lunga invece sono più resistenti.
Questo significa che se il corredo genetico di una persona prevede i geni composti da alleli della versione corta, questa persona sarà più sensibile allo stress, avrà minore capacità di gestire le proprie emozioni e quelle altrui e, di conseguenza, avrà un’Intelligenza Emotiva meno sviluppata?
Non è così!
Moira Mikolajczak, ricercatrice presso il Fondo Nazionale Belga e la Facoltà di Psicologia dell’Università di Lovanio, ha dimostrato come ognuno di noi può “correggere” il proprio corredo genetico attraverso il potenziamento delle condizioni esterne, quindi attraverso l’allenamento delle soft skills, frequentando ambienti emotivamente stimolanti e tramite la pratica quotidiana dei comportamenti appartenenti alla sfera dell’Intelligenza Emotiva.
Quindi le neuroscienze dimostrano che non esistono persone più empatiche e persone meno empatiche, semplicemente ci sono persone che allenano o meno la loro Intelligenza Emotiva.
Ora, per rispondere alla domanda iniziale, e cioè se l’Intelligenza Emotiva può davvero aiutarci in questo scenario caratterizzato da una vera e propria rivoluzione tecnologica, possiamo dire che l’aver scoperto l’importanza cruciale che hanno le emozioni nella nostra vita ci sta già aiutando moltissimo in vari settori del business.
Ecco l’esempio di due discipline che impattano fortemente sul business e sulla vita di ciascuno di noi:
Pensiamo alla Neuroeconomia: è una disciplina che, grazie a strumenti innovativi (ad esempio il brain imaging) che permettono di rappresentare visivamente le nostre funzioni cerebrali, riesce a studiare come funziona la mente umana quando deve prendere decisioni in campo economico.
Questa disciplina ha rivoluzionato il modo di interpretare il comportamento economico delle persone perché, basandosi sulle evidenze delle neuroscienze, ha scoperto che gli esseri umani quando prendono decisioni di natura economica non sono totalmente razionali, anzi: i processi decisionali sono in gran parte guidati da meccanismi automatici inconsci facenti capo alla sfera emotiva.
Gli studi tradizionali sul decision making in campo economico si fondavano sulla convinzione opposta e cioè che l’essere umano prendesse decisioni attraverso processi cognitivi controllati, basati sull’analisi dei dati, le statistiche e la valutazione razionale della scelta che si voleva operare.
La Neuroeconomia ci dice che questo è vero, ma solo in parte: le decisioni in campo economico non sono prese solamente in base a processi cognitivo-razionali, ma, come dicevo, i processi che le sottendono sono di tipo affettivo-inconscio e sono addirittura prevalenti rispetto ai primi.
Dunque capite quanto diventa rilevante sviluppare la propria Intelligenza Emotiva per capire come funzioniamo e riuscire, per quanto possibile, a prendere decisioni finanziarie più consapevoli.
Un’altra disciplina, nata dall’unione di psicologia, economia e neuroscienze, che indaga sull’impatto che le emozioni hanno sui nostri processi decisionali è il Neuromarketing.
Prima delle scoperte delle neuroscienze gli studi di marketing si concentravano sui pensieri consci del consumatore e sui suoi conseguenti comportamenti, ora il Neuromarketing si focalizza sullo studio delle emozioni del target di riferimento e in base ai risultati stabilisce le strategie giuste.
Ad esempio attraverso l’FMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging), un metodo che permette di localizzare le aree del cervello interessate da un maggior flusso di sangue o di ossigeno e quindi in uno stato di attività intensa, oggi si riesce a capire le varie reazioni del consumatore a determinati stimoli.
Come nel caso delle decisioni finanziarie, anche per quanto riguarda le scelte di acquisto, i processi che le regolano sono, per la maggior parte inconsapevoli, ma la possibilità di studiarli e di comprenderli ci dà delle informazioni di assoluta rilevanza.
Sapevate, ad esempio, che il nostro cervello emotivo è molto più rapido nelle decisioni? Infatti, a differenza del cervello cognitivo che deve impiegare energia e tempo per valutare quantità di informazioni oggettive e ponderarle consapevolmente, il cervello emotivo è in grado di decidere molto più rapidamente anche se le informazioni in suo possesso sono poche e molte non a livello conscio.
Sapevate che nei processi d’acquisto il coinvolgimento del nostro cervello più antico responsabile del nostro istinto di sopravvivenza è molto più ampio rispetto al coinvolgimento della corteccia cerebrale deputata al ragionamento? Il risultato è che quando valutiamo un acquisto siamo guidati più dalla paura della perdita che dal piacere del guadagno.
E questi sono solo alcuni esempi di come sviluppare la nostra intelligenza emotiva può essere cruciale per la nostra vita privata e per il business.
Grazie ai risultati di queste ricerche, Imprese, Aziende e Organizzazioni possono operare scelte finanziarie più efficaci e orientare le loro campagne di marketing per ottimizzare i risultati.
Inoltre anche ognuno di noi può, attraverso la comprensione del proprio meccanismo di funzionamento, diventare un investitore e un consumatore più consapevole.
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